Più coordinamento e meno burocrazia: la ricetta per favorire l'attività fisica

A partire dagli ultimi dati del sistema di sorveglianza Passi, una riflessione su strategie e politiche di promozione del movimento nel nostro Paese. Tra vecchi problemi e nuovi ostacoli.
25/07/2013
  • Pirous Fateh-Moghadam*
Più coordinamento e meno burocrazia contro la sedentarietà

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(fonte: uispbologna.it)

I nuovi dati del sistema di sorveglianza Passi, raccolti tra il 2009 e il 2012 e resi noti pochi giorni fa su EpiCentro, sono eloquenti: il 33% degli italiani tra 18 e 69 anni può essere classificato come “attivo”, il 36% come “parzialmente attivo” e il 31% come “sedentario”. Questo significa che, nel nostro Paese, quasi una persona su tre non fa un lavoro pesante e non pratica alcun tipo di attività fisica nel tempo libero, nemmeno 10 minuti al giorno. Sempre grazie al sistema Passi, oggi sappiamo che il rischio di essere sedentari cresce con l’aumentare dell’età, è più elevato tra le donne, tra le persone con molte difficoltà economiche, tra quelle con un titolo di studio basso o assente, e tra i cittadini stranieri. In altre parole: la sedentarietà rappresenta anche un problema di disuguaglianza sociale, quindi un aspetto fondamentale da tenere in considerazione nella scelta degli interventi di promozione della salute.

Per chi comunque fosse interessato ad approfondire tutti i dati del sistema di monitoraggio Passi, rimandiamo alla sezione dedicata del sito, su EpiCentro. In questa sede, a partire dalle indicazioni statistiche ed epidemiologiche più aggiornate, cogliamo l’occasione per proporre qualche commento personale e stimolare il dibattito sulle modalità e sulle politiche di promozione dell’attività fisica.

Se manca il supporto centrale
Un ambito particolarmente promettente della promozione dell’attività fisica è quello dell’incremento del “trasporto attivo” (camminare e andare in bici per gli spostamenti quotidiani, ricorrendo anche ai mezzi pubblici), sia per la potenzialità di impatto sull’intera popolazione, sia per la molteplicità dei benefici: miglioramento della salute (fisica, mentale e sociale), riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico, mitigazione del riscaldamento globale, minore consumo di risorse non rinnovabili; risparmio economico individuale e collettivo. Un elemento, quest’ultimo, che dovrebbe facilitare un approccio intersettoriale nella programmazione degli interventi, secondo la strategia della “salute in tutte le politiche”.

Anche se parecchie attività di promozione del trasporto attivo vengono svolte a livello locale, si continua a sentire la mancanza di azioni di supporto e facilitazione ministeriali e centrali (come l’iniziativa del governo inglese per incrementare l’uso della bici) per rendere effettivamente “più facili le scelte salutari”. Pur condividendo certe raccomandazioni, quindi, risulta spesso difficile aderirvi a livello individuale, vivendo e lavorando in contesti che rendono complicata la scelta di salute. Per esempio: come si può raccogliere la raccomandazione alla multimodalità nei trasporti utilizzando in combinazione bici e mezzi pubblici se si vive in realtà sprovviste di bike sharing e se non è permesso - possibile, facile o economico - trasportare le due ruote sugli autobus, sulle corriere e sui treni? E cosa dire della raccomandazione di utilizzare la bicicletta per andare al lavoro (raccomandazione che appoggiamo e pratichiamo) di fronte alle norme dell’Inail (si vedano il decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12 e la successiva circolare) che espongono i ciclisti al rischio di non vedersi riconosciuto l’infortunio in itinere in caso di incidente? Sarebbe molto apprezzabile se il ministero della Salute e altri enti ed istituzioni nazionali di promozione della salute trovassero il modo per rimuovere questi ostacoli.

L’attenzione di medici e operatori
Non solo. I dati Passi documentano anche come l’attenzione degli operatori sanitari al problema della sedentarietà non sia ottimale né tenda a migliorare nel tempo: nel periodo 2009-2012, meno di un intervistato su tre (31%) riferisce che un operatore sanitario si è informato sul livello di attività fisica praticata. Ed è dello stesso valore (31%) la percentuale di persone che dichiarano di aver ricevuto il consiglio di effettuare una regolare attività fisica.

Anche qui non mancano le iniziative a livello locale e regionale: da corsi di formazione accreditate per sensibilizzare i medici e informare meglio sui benefici dell’attività fisica nella prevenzione, cura e riabilitazione, fino all’organizzazione di un sistema che permetta delle vere e proprie prescrizioni mediche per fare esercizio fisico. Interventi perfettamente coerenti con le evidenze internazionali che stigmatizzano il fatto che pazienti affetti da malattie croniche ricevono poche raccomandazioni da parte dei propri medici, nonostante le solide prove di efficacia a favore della pratica dell’attività fisica (al pari di molti interventi farmacologici e chirurgici).

Messaggi sbagliati e controproducenti
Purtroppo in questo ambito il recente decreto ministeriale del 24 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 luglio 2013 costituisce un grosso ostacolo alla promozione dell’attività fisica. L’atto introduce infatti l’obbligo di certificato medico anche per le attività ludico-ricreative, comprese quelle che «il soggetto svolge in proprio» per il «raggiungimento e mantenimento del benessere psicofisico della persona». Applicando alla lettera il dispositivo, un uomo di 56 anni con obesità addominale (oppure fumatore) dovrebbe sottoporsi annualmente (!) a un elettrocardiogramma e «altri esami secondo giudizio clinico» prima di intraprendere delle attività ludico-ricreative. Alcune attività sono esentate, tra cui la ginnastica per anziani, i gruppi di cammino, le bocce e i giochi da tavolo. Tuttavia anche per le attività esentate dall’obbligo viene «raccomandato un esame medico prima dell’attività ludico motoria (…) con particolare attenzione ai soggetti che passano dalla sedentarietà alla pratica di tale attività» e si annuncia di dare «ampia informazione di tali raccomandazioni attraverso una campagna informativa su “sport in sicurezza”». Inoltre, il decreto stabilisce che tutte le società dilettantistiche dovranno dotarsi di «defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita». Sono esentate le società che organizzano le attività con scarso impegno cardiocircolatorio appena menzionate.

Quale sia l’impatto organizzativo e finanziario che deriva dall’applicazione della legge non è noto. Non risulta invece difficile immaginarsi l’impatto comunicativo sulla popolazione: fare attività fisica è potenzialmente pericoloso, soprattutto per chi è sedentario, ha una certa età, ha fattori di rischio per malattie croniche, oppure è già un malato cronico. Ossia, proprio coloro ai quali muoversi farebbe particolarmente bene. Un messaggio deleterio per la promozione della salute, privo di evidenza scientifica, antieconomico e agli antipodi rispetto alle attività e alle raccomandazioni della comunità di sanità pubblica nazionale e internazionale. Il dibattito è aperto.

* L’articolo è stato scritto da Pirous Fateh-Moghadam (Osservatorio per la salute, Provincia autonoma di Trento e Gruppo tecnico nazionale Passi), con Laura Ferrari (Osservatorio per la salute, Provincia autonoma di Trento) e Nicoletta Bertozzi (Dipartimento di sanità pubblica, Ausl Cesena e Gruppo tecnico nazionale Passi).

 

8 Commenti

Nuove norme sulle visite mediche per attività sportiva

Purtroppo le previsioni di gravi danni alla salute legati all'entrata in vigore di questa norma sono destinate ad avverarsi in breve tempo. Chiunque conosca per esperienza diretta il "calvario" a cui si è sottoposti nel momento in cui si entra nel meccanismo dell'idoneità fisica allo svolgimento di qualsivoglia attivtà (di lavoro, sportiva, ecc.) può già prevedere il risultato di questa norma. Le liste di attesa per visite ed accertamenti cardiologici, soprattutto, diventeranno molto più lunghe. Chi avrà i soldi potrà saltarle, gli altri dovranno adattarsi a lunghe attese. E questo solo per fare attività ludico-motoria !

Incremento del trasporto attivo

Condivido l'analisi che collega l'attività fisica all'incremento del trasporto attivo, osservo inoltre che un ambito prioritario per questo collegamento è quello della pianificazione urbanistica.
In questo ambito intervengono soggetti istituzionali, professionali e sociali diversamente competenti, quali gli amministratori e il personale degli Enti Locali, gli urbanisti e i progettisti, gli operatori della Sanità Pubblica, i cittadini attivi, le aziende profit. Ognuno svolge ruoli diversi: analisi dei bisogni, valutazione di rischi e opportunità, rappresentanza di interessi particolari, documentazione, pianificazione, progettazione, esecuzione di opere e manutenzione. Per ottenere risultati efficaci è necessario coordinare le diverse attività e condividere obiettivi comuni, quali ad es. mettere a disposizione dei cittadini percorsi nei quali essi possano muoversi (percorsi casa scuola lavoro) e luoghi (parchi attrezzati, spazi verdi) in cui svolgere attività fisica in condizioni di sicurezza e benessere.
Se riteniamo che l'ambiente di vita e di lavoro sia determinante di salute dobbiamo svolgere un'azione attiva finalizzata non solo alla predisposizione di nuove opere, ma anche alla cura della sicurezza di piste ciclabili, percorsi pedonali, rotatorie, e all'associazione della bellezza dei luoghi con il piacere di muoversi a piedi e in bicicletta.

Nuove norme sull'attività non agonistica e amatoriale

Sarebbe troppo lungo entrare nel merito delle nuove norme dal punto di vista tecnico, da specialista in medicina dello sport mi limito ad esprimere perplessità sulla complicata suddivisione in classi delle attività ludico motorie, sulla possibilità pratica di effettuare ECG presso il proprio medico di medicina generale nonchè sulla sostenibiltà economica del nuovo sistema (a carico del SSN con ticket o a carico del cittadino? Le consulenze specialistiche per attività ludico motorie sono richiedibili in ambito SSN?).
Dal punto di vista comunicativo, invece, non ho dubbi: è un disastro della comunicazione, induce a pensare che muoversi attivamente sia pericoloso.

Commento degli autori

Grazie per i commenti che ci permettono di affrontare un altro aspetto del decreto, tralasciato nel testo per motivi di spazio, ma piuttosto importante: la certificazione necessaria per la partecipazione non agonistica, che prevede obbligatoriamente "la preventiva misurazione della pressione arteriosa e l'effettuazione di un elettrocardiogramma a riposo". Annualmente.
In altre parole i nostri figli prima di iscriversi a un corso, per esempio per imparare a nuotare, dovranno eseguire un ECG.
La stima preliminare relativa al numero atteso di ECG da eseguire a bambini e ragazzini della Provincia di Trento è di circa 18.000 esami...
Quanti di questi esami esiteranno in anomalie da approfondire con ulteriori esami? Quanti falsi positivi (e preoccupazioni inutili e dannose) creerà questa ondata di ECG? Le strutture sanitarie sono in grado di assorbire questa domanda aggiuntiva (e concentrata nel tempo) di esami? Chi paga? Che impatto avrà sulle disuguaglianze sociali nella pratica dell’attività fisica? A quali interessi risponde tutto questo? A quelli della promozione della salute no di certo.

Pirous Fateh-Moghadam, Laura Ferrari, Nicoletta Bertozzi

Certificazioni per l'attività ludico-motoria

Condivido perfettamente la valutazione assolutamente negativa di questa normativa assurda, relativa al rilascio di certificazioni per attività ludico-motorie, priva di qualsiasi valenza preventiva, che porterà solo alla ulteriore riduzione dell'avvicinamento all'attività fisica da parte dei cittadini che di attività fisica hanno bisogno per la loro salute.
Nella nostra Azienda stiamo impegnandoci tantissimo per sviluppare tutte le iniziative che possano andare ad aprire opportunità per la popolazione nel tentativo di ridurre la sedentearietà e questo decreto alza una barriera enorme sullo sviluppo del nostro lavoro.

Il decreto peraltro è anche scritto male, confuso e tecnicamente sbagliato anche all'interno della sua logica perchè, ad esempio, pone "il ballo" tra le attività a basso impatto aerobico, cosa che non corrisponde affatto alla realtà.

Non è possibile pensare ad una azione collettiva di contestazione del decreto in quanto inutile, dannoso e diseconomico per il sistema sanitario, da parte delle società scientifiche quale AIE, SItI,CIPES,DORS, ecc? o vi sono lobby così potenti da sostenere un documento assolutamente anti-prevenzione come questo ?

Saluti molto arrabbiati Marina Ottino

A quando un position paper condiviso?

Condivido la proposta di un'azione collettiva presso il Ministero da parte delle società scientifiche che si occupano di sanità pubblica.

Per quanto riguarda le lobby, il sindacato dei pediatri di base si è già mosso. Nella lettera aperta al Ministro viene affrontata la questione degli ostacoli agli interventi di promozione della salute che la nuova norma crea. Tuttavia la questione sembra essere meno centrale rispetto alla preoccupazione dell'impatto della norma sul carico di lavoro.

Forse le società scientifiche, nel loro rigore metodologico, si muovono con maggiore lentezza rispetto ai sindacati, ma in questo caso non dovrebbe essere troppo difficile arrivare con maggiore rapidità a una sorta di "position paper" sull'argomento, magari sottolineando con forza le differenze tra l'attività fisica moderata (la fisiologia della specie umana!) e quella intensa.

Altrimenti  di questo passo il defibrillatore ce lo dovremo portare dietro ogni volta che saliamo una scala o accompagniamo i nostri figli a scuola a piedi!

Roberta Baldi

Il dettaglio che fa la differenza

Ogni quattro o cinque anni nei congressi scientifici compare una diapositiva, che chiamerei epocale, presente in quasi tutte le relazioni del programma. Di solito ha un'immagine buffa e uno slogan per sintetizzare un nuovo concetto, una nuova conquista della conoscenza importante e spesso inaspettata, o addirittura capace di ribaltare un modo di pensare consolidato. Ricordo che la diapositiva epocale di alcuni anni fa ritraeva un signore in carne che indulgeva nei piaceri di poltrona e tv e la didascalia diceva: «hai chiesto al tuo medico se il tuo fisico ti permette un simile stile di vita?» Significava: le ricerche hanno dimostrato che è la sedentarietà a dover destare l'attenzione dei medici non la fisiologicissima attività fisica! Nonostante alla lunga fosse diventata un tormentone, ero sempre contento quando improvvisamente questa diapositiva saltava fuori in una relazione perché pensavo che ribadire e diffondere il concetto avrebbe facilitato la vita a tutti quelli che si occupano di salute e benessere della popolazione. Mi illudevo. Come mirabilmente sottolineano gli autori, il nuovo decreto propone ancora una visione "ante-diapositiva epocale"  che non aiuta certo il progresso delle moderne politiche della salute. Ci troviamo di fronte a banali sciatterie burocratiche? Può essere. Osservo però che il documento "Il nuovo ruolo della medicina dello sport" approvato dalla Conferenza delle Regioni e Province Autonome il 24 luglio scorso è aggiornato e attuale, e favorisce le linee di sviluppo della salute nella comunità raccomandate dalle più importanti società scientifiche. Si potrà obiettare che le tutele previste dai due documenti non sono poi così diverse e che non si vede la ragione di tanto rumore. In realtà, come sempre, le differenze si nascondono nei dettagli. Il Decreto esordisce così parlando di sé: «... al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale [compresa l'attività ludico motoria], dispone garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica ...» e in questo modo suggerisce subito il pensiero: tutto è soggetto a certificazione (pericoloso) eccetto ... Per contro il documento della Conferenza delle Regioni evidenzia bene che:  «... tutte le forme di movimento .... finalizzate al raggiungimento/mantenimento del benessere psicofisico della persona, sono da considerare attività ludico-motorie che non richiedono alcun certificato medico» e suggerisce il pensiero opposto: tutto è libero (salutare) eccetto ...
È vero, in fondo è solo una sfumatura, ma di quelle particolari, che segnano il passaggio di un'epoca.

Alberto Arlotti

Abrogato l'ecg obbligatorio e norme per attività ludico-motoria

Il decreto Fare ha abrogato l'obbligatorietà dell'ecg per le attività non agonistiche e il certificato per attività ludico-motoria previsto dal decreto Balduzzi.

Vedi il testo del decreto (a pagina 127): http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=1511111.pdf

Pirous Fateh-Moghadam

*****

Dopo l’articolo 42 sono inseriti i seguenti:
« ART. 42-bis. – (Ulteriore soppressione di certificazione sanita-
ria). – 1. Al fine di salvaguardare la salute dei cittadini promuovendo
la pratica sportiva, per non gravare cittadini e Servizio sanitario
nazionale di ulteriori onerosi accertamenti e certificazioni, è sop-
presso l’obbligo di certificazione per l’attività ludico-motoria e ama-
toriale previsto dall’articolo 7, comma 11, del decreto-legge 13
settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8
novembre 2012, n. 189, e dal decreto del Ministro della salute 24
aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 169 del 20 luglio
2013.
2. Rimane l’obbligo di certificazione presso il medico o pediatra
di base per l’attività sportiva non agonistica. Sono i medici o pediatri
di base annualmente a stabilire, dopo anamnesi e visita, se i pazienti
necessitano di ulteriori accertamenti come l’elettrocardiogramma.

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articol...

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