Camminare di più contro le cadute: necessario, ma non sufficiente
- Maria Rosa Valetto
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Passati i 65 anni di età, camminare di più non sembra la sola soluzione per evitare le cadute. Stando almeno ai risultati dello studio australiano Easy Step, che ha coinvolto circa 380 anziani sedentari. L’indagine ha previsto una fase teorica (per il gruppo di intervento informazione ed educazione al cammino tramite materiale cartaceo e assistenza telefonica, per il gruppo di controllo informazioni sulla salute generiche non inerenti la prevenzione delle cadute), seguita da una fase pratica di 48 settimane. È stata richiesta la compilazione di un diario mensile delle cadute.
Anche se l’intervento ha quasi raddoppiato il tempo dedicato all’esercizio fisico (più di 3 ore a settimana rispetto a poco più di un’ora e mezza, nel confronto tra i due gruppi al termine della sperimentazione) e in particolare al cammino (quasi due ore a settimana, rispetto a tre quarti d’ora), non si sono evidenziate differenze significative quanto alla frequenza delle cadute, neppure nei sottogruppi degli ultra 75enni.
Obiettivo: rinforzare equilibrio e muscolatura
Come conciliare, dunque, questi risultati con i programmi di promozione di uno stile di vita attivo tra gli anziani, che includono nella loro proposta il cammino? «Bisogna subito chiarire che il punto di forza di questi programmi va individuato negli esercizi specifici per il rinforzo della muscolatura e dell’equilibrio. Il camminare ha invece un ruolo complementare: è importante, ma da solo non basta. Detto questo, i risultati dello studio non stupiscono o smentiscono quanto già si sa o si fa, anzi si allineano con buona parte della letteratura scientifica sull’argomento», rassicura il geriatra Afro Salsi. «E comunque Easy Step si presta a qualche contestazione: per esempio, la scelta di una popolazione non abbastanza avanti con l’età: è solo dopo gli 80 anni che si apprezza davvero l’efficacia di un intervento di prevenzione delle cadute», continua l’esperto.
A conferma, Salsi cita l’esperienza condotta in Emilia-Romagna e documentata sul Giornale di Gerontologia (vedi prima e seconda pubblicazione) che ha applicato il modello Otago sviluppato in Nuova Zelanda. Modello che ha come cardine la ginnastica personalizzata orientata appunto al rinforzo muscolare e al miglioramento dell’equilibrio, accompagnata da ulteriori accorgimenti (tra cui il cammino). Il tutto, comunque, all’insegna di una grande flessibilità per rispettare le esigenze e le preferenze individuali. «Nel 2009, abbiamo messo a punto un protocollo rivolto a persone di almeno 80 anni e che fossero caduti almeno una volta nel corso dell’anno precedente. L’intervento domiciliare è stato gestito da un fisioterapista, che individuava - tra un repertorio di esercizi - quelli più adatti caso per caso e aiutava la persona nella loro esecuzione. In un anno, si sono verificate solo 23 cadute fra i 136 anziani ultra80enni che hanno completato lo studio: una quota ben al di sotto del tasso atteso che, secondo letteratura, è pari al 50%. Altri elementi di rilevo sono l’elevata adesione al progetto (abbandonato da pochissimi, in genere per cause di forza maggiore) e il gradimento degli esercizi, ritenuti non difficili e spesso gradevoli», conclude il geriatra.
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