A Torino si celebra lo sport per tutti, senza badare alla carta d’identità

Vincere una medaglia e battere un atleta olimpico si può, a ogni età: ad agosto Torino ospita l’ottava edizione dei World Master Games, i giochi riservati agli over 35.
31/07/2013
  • Debora Serra
World Master Games 2013

Immagine: 

World Master Games, Torino 2013 (foto credit: torino2013wmg.org)

108 Paesi rappresentati, 17.600 partecipanti iscritti al 30 giugno, 30 discipline sportive e circa 1500 volontari di supporto alla logistica: sono alcuni dei numeri dei World Master Games 2013, in programma tra il 2 e l’11 agosto tra la città di Torino e altre località del Piemonte. L’evento, giunto alla sua ottava edizione, quest’anno vanta il record di nazioni partecipanti, con una foltissima rappresentanza di australiani (2954 iscrizioni). Seguono a ruota i canadesi con 2738 atleti in gara e gli italiani (1900, di cui un migliaio proprio piemontese); poi i russi (1226), gli statunitensi (1106), i brasiliani (864) e i tedeschi (525). Ucraina (413), Nuova Zelanda (252) e Giappone (200) chiudono la top ten mentre, a oggi, sono 21 i Paesi che porteranno a Torino un solo rappresentante: dall’Armenia alle Bahamas, passando per Congo, Trinidad & Tobago, Brunei e Capo Verde.

Una manifestazione open
A rendere unici questi giochi non sono tanto i numeri da capogiro, che ogni quattro anni richiamano una mole di partecipanti quattro volte superiore a un’edizione estiva delle Olimpiadi, quanto la capacità di coinvolgere tutti gli appassionati di sport. Il claim dell’evento, “sport per tutti”, racconta bene lo spirito di questa iniziativa nata nel 1985 dall’International Master Games Association (con sede a Losanna), poi riconosciuta dallo stesso Comitato olimpico internazionale: favorire la pratica dello sport tra le persone più mature, nella consapevolezza che si può fare a qualunque età e con grandi benefici per la salute.

Si tratta infatti di una manifestazione aperta ad atleti dai 35 anni d’età (25 per il nuoto e i tuffi) sino ai 99, in cui non è raro che uno sportivo amatoriale gareggi spalla a spalla con un ex olimpionico. Come racconta Alessandro Oliva, medico torinese iscritto ai Master di Torino per la maratona, «si tratta di gare a cui prendono parte sia atleti titolati - come nel caso dei due campioni di vela Alessandra Sensini (4 medaglie olimpiche all’attivo; una delle quali d’oro, ai Giochi di Sydney nel 2000) e Giorgio “Dodo” Gorla (2 medaglie) - sia persone comuni, delle più diverse estrazioni sociali e con alle spalle carriere sportive amatoriali». La filosofia implicita dei giochi è più ampia e, come ricorda Oliva, «qui lo sport agonistico viene inteso non come medaglia o record a tutti i costi, ma come ricerca del benessere psicofisico da parte di persone che fanno i lavori più diversi e si ritrovano a ritagliare del tempo per gli allenamenti tra gli impegni della propria vita quotidiana». Oliva, che come medico di campo ha all’attivo la partecipazione ai Giochi invernali di Torino (2006) e a tre edizioni dei Giochi mondiali della sanità (1996, 2001 e 2006), ricorda l’importanza dello sport per la nostra società e in particolare delle gare, che permettono alle persone di mettersi in gioco e impegnarsi per un obiettivo concreto.

Il senso di Torino per lo sport
La città di Torino viene comunemente ricordata per le Olimpiadi invernali del 2006, dimenticando che è in realtà la culla dello sport italiano. È infatti qui che sono nate la prima società di ginnastica (1844), il Club alpino italiano (1863, su iniziativa dell’economista Quintino Sella, che guidò la prima spedizione italiana sul Monviso), il primo campionato di calcio (1898, in occasione dell'esposizione internazionale per i cinquant'anni dello Statuto Albertino: vinse il Genoa), il primo circolo del tennis (1880), la prima federazione di club di canottaggio (1888), il primo ski club (1901), l’Unione podistica italiana (1902), la prima Universiade (1959), la Federazione arrampicata sportiva italiana (1987). Ma non sarà solo la città di Torino a essere protagonista dei Master: parte delle gare sono infatti dislocate in provincia, con il coinvolgimento di numerose comunità locali e l’allestimento di diversi impianti sportivi al di là del capoluogo piemontese.

Un motivo in più per ricercare la vittoria
Pare infine che partecipare ai giochi allunghi addirittura la vita. Uno studio recente, pubblicato sulla rivista medica British Medical Journal a cura di ricercatori olandesi e australiani, ha infatti stabilito che, a parità di altre caratteristiche individuali, un atleta olimpico titolato vive circa tre anni in più dei suoi coetanei. L’indagine retrospettiva, che ha coperto un range temporale di parecchi decenni (1896-2010), ha valutato i dati di oltre 15 mila campioni osservando come gli atleti impegnati in sport di resistenza fossero più longevi di quelli che si sono misurati con discipline più “esplosive” e di potenza. Probabilmente si tratta di un vantaggio associato anche a fattori genetici, stili di vita sani e appunto alla pratica di una regolare e continua attività fisica. Allora appuntamento alle prossime gare, magari per vincere una medaglia e, soprattutto, per guadagnare tre anni di vita in più.

 

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