Da una popolazione che invecchia, nuove sfide per il welfare europeo

A fronte di una popolazione sempre più anziana e malata, promuovere politiche di invecchiamento attivo è un obbligo per “non far saltare il banco”. Invecchiare è fisiologico, ma limitare questo processo è necessario sia per tutelare la salute individuale, sia per garantire la tenuta del sistema di assistenza sociosanitaria. Le soluzioni ci sono, in una prospettiva integrata che coinvolge diversi settori: dal volontariato ai trasporti, dall’urbanistica alla comunicazione. Passando anche per interventi più originali, sul territorio, come il ballo o la ginnastica domiciliare di gruppo.
24/06/2014
  • Stefano Menna
anziani attivi

«In Europa è a rischio la sostenibilità dell’attuale modello, equo e universalistico, di cura e assistenza sociosanitaria». A pochi giorni dall’inizio del semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, le parole pronunciate poche settimane fa dal commissario alla salute Tonio Borg al summit di Bruxelles sulle malattie croniche suonano come un monito per il vecchio continente. Le malattie croniche e degenerative colpiscono ormai più di 8 anziani su 10 e per loro i Paesi Ue spendono ogni anno circa 700 miliardi di euro, cioè il 70-80% del totale degli investimenti in assistenza sanitaria. Un sistema che, complice l’attuale crisi economica e in mancanza degli opportuni interventi sul fronte degli incentivi alla crescita, dello sviluppo e dell’occupazione, rischia di implodere su se stesso.

Il quadro demografico
Che sia la popolazione anziana il terreno di gioco su cui dovrà misurarsi il welfare europeo, lo dicono tutti gli indicatori: sanitari, previdenziali e demografici. In Italia la vita media continua ad allungarsi al ritmo di circa tre mesi all’anno, con un bonus per le donne che vivono 6-7 anni in più degli uomini. Le cause? Il progressivo aumento della qualità della vita e un tasso di natalità sempre più basso, crollato ormai a 9 nascite ogni mille abitanti (dato che ci pone al 183° posto sui 195 Paesi della classifica Onu). Secondo l’Istat, per ogni 100 ragazzi e bambini sotto i 14 anni nel 2012 c’erano 151 ultra65enni, contro una media europea di 117. Nell’eurozona siamo secondi solo alla Germania, che ha il valore più alto con 158.

Non solo: stando alle previsioni, questo rapporto sarà presto pari a 1:2. E nel 2045, per la prima volta nella storia dell’umanità, la popolazione mondiale con più di sessant’anni eguaglierà quella con meno di quindici. In Europa, del resto, la staffetta tra giovani e anziani è avvenuta già all’inizio degli anni Novanta. E in Italia? Nel 2040 la popolazione raggiungerà quota 64 milioni, quasi un terzo dei quali (circa 20 milioni) over 65. Con una crescita ancor più significativa degli ultra80enni, che in pratica raddoppieranno passando dagli attuali 3,7 a 6,5 milioni. Pesanti le conseguenze sulla spesa pubblica, già ora gravata da una parte dall’aumento della domanda pensionistica e, dall’altra, da quello dei costi per garantire assistenza sanitaria a una popolazione sempre più vecchia e malata.

Politiche per la cronicità
Con l’aumentare dell’età media, infatti, cresce anche la diffusione e l’impatto delle malattie croniche, quelle che più spesso colpiscono gli anziani: diabete, patologie cardiovascolari e respiratorie, tumori e demenze su tutte. Malattie molto spesso invalidanti, che consumano tanti soldi e risorse alla spesa per il welfare di Stato e Regioni. Basta scorrere i dati dell’ultimo rapporto presentato lo scorso dicembre da Cittadinanzattiva, per avere un’idea dell’impatto delle cronicità sul nostro sistema sociosanitario.

È chiaro, quindi, come le misure, i programmi e gli interventi destinati a migliorare salute, benessere e qualità della vita della popolazione anziana svolgano un ruolo cruciale. È su questo che ruota gran parte del dibattito sulla revisione e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, quell’insieme di attività, servizi e prestazioni che il Servizio sanitario nazionale eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. Servizi che devono e dovranno sempre più tener conto dei radicali cambiamenti demografici in corso.

Ma la salute di chi è avanti con l’età dipende anche da abitudini e contesti - urbano, sociale, ambientale, domestico, economico ecc - in cui si vive. Non fa eccezione ovviamente l’esercizio fisico: l’Oms ricorda che gli uomini e le donne over 65 che praticano attività sportiva (anche leggera, ma regolare) hanno tassi di mortalità inferiori per malattia coronarica, ipertensione, ictus, diabete, cancro al colon e al seno. Godono inoltre di un migliore benessere cardiorespiratorio e muscolare, e hanno ossa più forti e resistenti: il ruolo di uno stile di vita attivo nella prevenzione di cadute e infortuni, osteoporosi, progressione di Alzheimer e altre demenze, del resto, è oggetto di numerosi studi e approfondimenti.

Invecchiamento attivo: la situazione in Italia
Ma quanto si muovono i nostri anziani? In Italia, ci aiutano a dare una risposta i dati di Passi d’argento, un sistema di sorveglianza della popolazione con 65 anni e più, attivo nel nostro Paese dal 2009. Il sistema fa esplicito riferimento all’healthy and active ageing, il modello adottato dell’Oms dal 2002 che sollecita lo sviluppo di politiche e interventi nell’ambito dei tre pilastri dell’invecchiamento attivo: salute, partecipazione e sicurezza. L’obiettivo è sostenere la visione di un invecchiamento attivo e fornire tempestivamente informazioni utili sullo stato di salute e su alcuni indicatori che misurano la diffusione delle attività di prevenzione.

Passi d’argento adotta il sistema di rilevazione “Pase” (Physical activity score in elderly), che permette di stimare il livello di attività fisica riferita agli ultimi 7 giorni, in tre momenti: svago e attività fisica strutturata, attività casalinghe e sociali, al lavoro. Il questionario è semplice, non enfatizza le attività sportive ma, anzi, dà risalto a quelle “normali” attività quotidiane che prevedono un certo grado di esercizio. Per ogni attività si calcola un punteggio che tiene conto del tempo dedicato, della partecipazione e del tipo di attività svolta, più o meno intensa.

I dati dell’indagine 2012 (oltre 24 mila interviste realizzate in 18 Regioni e nella Provincia autonoma di Trento) parlano chiaro. L’attività fisica svolta diminuisce con l’aumentare dell’età, soprattutto tra le donne: rilevante il calo dopo i 75 anni (Pase 88 nei maschi, 77 nelle femmine), ancor più drastico dopo gli 85 anni (Pase 80 nei maschi, 52 nelle femmine). Anche situazione economica e livello di istruzione influiscono su approccio e disponibilità a praticare attività fisica: si muovono di più le persone con un titolo di studio più alto e con meno difficoltà economiche. Significativo, infine, il divario tra le varie Regioni, con un netto gradiente Nord-Sud: gli anziani più attivi sono quelli della Valle d’Aosta (Pase 128), i più sedentari vivono in Campania (73).

Le condizioni di contesto: tra incentivi e barriere
A favorire uno stile di vita attivo e sano non sono solo i comportamenti individuali, ma anche le condizioni ambientali, culturali e sociali. A casa, al lavoro, nel tempo libero o in città: sono tanti i fattori che possono aiutare (e ostacolare) gli over 65 che vogliano mantenersi in forma.

Proprio le aree metropolitane sembrano contesti spesso poco adatti a favorire, per i nostri anziani, la pratica di regolare attività fisica in sicurezza. Le ultime statistiche, infatti, sono piuttosto allarmanti per chi sceglie di spostarsi in bici o a piedi: nelle grandi città, dove si concentrano oltre un terzo di tutti gli incidenti stradali urbani, molte vittime della strada fanno parte della cosiddetta “utenza debole”. Su tutti: anziani, pedoni e ciclisti. In Italia nel 2012, secondo il rapporto Aci-Istat, i morti provocati da incidenti sono stati oltre 3.653, ben 1.050 dei quali avevano più di 65 anni. I più vulnerabili sono i pedoni (564 morti), in oltre metà dei casi (351) anziani. La fascia d’età maggiormente colpita è quella 80-84 anni, con 92 vittime.

Urgono quindi interventi che aiutino amministratori e decisori a rendere le città più sicure e a misura di anziano. Proprio sul contesto urbano si è concentrato il progetto europeo “Fit for Life” (a cui ha preso parte anche l’Università di Bologna), che si è concluso lo scorso marzo con un convegno e la presentazione di un manuale sulla promozione dell’esercizio fisico tra gli over 65 rivolto a Comuni e autorità locali. Grazie a un taglio molto pragmatico e operativo, il documento raccoglie e presenta soluzioni e interventi che si sono già dimostrati validi ed efficaci in oltre 60 città europee. L’approccio è tutto all’insegna dell’intersettorialità, con il coinvolgimento di tanti ambiti diversi: dall’urbanistica (con la progettazione di aree verdi pubbliche o la rimozione delle barriere architettoniche) al mondo del volontariato e dell’educazione; dal ruolo della comunicazione (con l’uso dei mass media, ma anche di social network e campagne di marketing) alle azioni di sensibilizzazione rivolte a potenziali alleati tra terzo settore, operatori sanitari, imprese, fondazioni private e club sportivi.

 

4 Commenti

RICHIESTA DEL MANUALE..SE E' POSSIBILE TRADOTTO...FIT FOR LIFE

POSSO COMMENTARE POSITIVAMENTE L'INIZIATIVA,MA NON CONOSCENDO L'INGLESE NON POSSO COMMENTARE I CONTENUTI CHE DI CERTO SARANNO PIU' CHE ESAUSTIVI E INNOVATIVI VISTO L'ARGOMENTO. SE AVETE MATERIALE CARTACEO IN ITALIANO VI CHIEDO SE E' POSSIBILE RICEVERLO AL MIO INDIRIZZO, PUTIGNANO NICOLA VIA PIO XII,50 70015 NOCI BA....GRAZIE

Richiesta del manuale in Italiano

SE FOSSE POSSIBILE AVERE IL MANUALE IN ITALIANO AL SEGUENTE INDIRIZZO Bozzolan Bruno Via Corradini 8 Formigine 41043 ( MO )

FIT FOR LIFE

Gentili Bruno Bozzolan e Nicola Putignano,
vi ringrazio per l'apprezzamento al progetto Fit for Life di cui sono il referente per l'Italia.
Il manuale è disponibile in inglese e ci sono altri materiali in italiano oltre all'opuscolo per gli anziani segnalato nell'articolo. L'opuscolo è peraltro utilizzabile liberamente per adattarlo alle esigenze locali (ad esempio inserendo le offerte nel proprio territorio). per qualsiasi informazione inerente al progetto potete contattarmi a luca.pietrantoni@unibo.it

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