Largo alle bici: lo dice la legge
- Carlotta Cenci
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È vero che molti Paesi europei investono da anni risorse e impegno sulla mobilità sostenibile, ma è altrettanto vero che finalmente anche in Italia si comincia ad apprezzare un certo fermento. Continuano infatti a moltiplicarsi petizioni, manifestazioni, mobilitazioni e flash mob per sensibilizzare la popolazione all’uso della bici e liberare le città da traffico e inquinamento. Lo scorso 9 maggio si è tenuta la terza edizione del “Giretto d’Italia”, campionato nazionale della ciclabilità urbana; domenica 12 maggio è tornato "Bicincittà", l’appuntamento con l'Unione italiana sport per tutti (Uisp) per una giornata all’insegna del movimento, dell'ambiente e dei trasporti alternativi in oltre 100 città. Inoltre, solo pochi giorni prima, Milano ha ospitato la grande manifestazione nazionale della “Rete Mobilità Nuova”: ciclisti, pedoni, pendolari ed esponenti del mondo dell’associazionismo riuniti assieme per chiedere alla politica di cambiare strada e promuovere un modello urbano centrato sulle persone e non sulle auto.
Sul fronte istituzionale, poi, il ministero dell’Ambiente ha appena lanciato il “Bicity 2013”: un concorso rivolto ai Comuni che hanno realizzato la maggiore estensione di percorsi ciclabili in rapporto alla popolazione residente. L'iniziativa intende promuovere la mobilità sostenibile nelle città, riservando in maniera esclusiva alle due ruote strade, piazze, luoghi di pregio ambientale, artistico, storico e architettonico.
La base in movimento
L’evento di Milano è stato anche l’occasione per avviare una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare da presentare in Parlamento: l’obiettivo è imporre “dal basso” un cambio di direzione nello stanziamento delle risorse pubbliche destinate ai trasporti, che oggi soddisfano per lo più solo la domanda della mobilità oltre i 50 km. Domanda che però non rappresenta neanche il 3% della quota complessiva degli spostamenti di tutti i giorni.
Seguendo il modello della raccolta differenziata, la proposta prevede l'introduzione di meccanismi bonus-malus e target vincolanti per i Comuni, attraverso la fissazione di obiettivi percentuali progressivi. Lo scopo è ridurre l’utilizzo dei veicoli a motore privati in città. Già a due anni dall’entrata in vigore della legge la somma degli spostamenti a piedi, in bici e con i mezzi pubblici dovrà superare quella di auto e moto (oggi la media sfiora appena il 30%); poi, entro il quinto anno, dovrà toccare quota 60%. Le amministrazioni locali più virtuose saranno ricompensate con fondi destinati a promuovere ulteriormente la mobilità sostenibile. Si tratta però di traguardi piuttosto ambiziosi, raggiungibili solo se la politica sosterrà queste scelte anche a livello centrale.
Le iniziative legislative
A proposito di Palazzo. In Senato è fermo da più di un anno un disegno di legge (“Interventi per lo sviluppo e la tutela della mobilità ciclistica”) che contiene un pacchetto di misure a favore della facilitazione dell’uso delle due ruote in città. Come sottolineano gli stessi promotori dell’iniziativa legislativa, «è ormai giunto il momento di riconoscere la ciclabilità parte integrante della mobilità quotidiana e la sicurezza delle persone che scelgono di spostarsi in bici una priorità assoluta, da raggiungere innanzi tutto attraverso la limitazione del traffico veicolare a motore». Sulla scorta di questa esperienza, lo scorso 29 aprile a Montecitorio è nato l'“Intergruppo parlamentare per la Mobilità Nuova/Mobilità ciclabile”: oltre 60 tra deputati e senatori di diverso colore politico, insieme per attivare una sorta di “grande orecchio” che risponda alle richieste di maggiore sicurezza e qualità della vita da parte di pedoni, pendolari e ciclisti urbani.
Con l’avvio della nuova legislatura, intanto, sono ricominciati anche i lavori parlamentari. E tra il 7 e il 9 maggio sono stati assegnati all’esame delle Commissioni Trasporti e Lavori Pubblici di Senato e Camera ben 4 disegni di legge:
- Disposizioni per la predisposizione del Programma nazionale per la mobilità ciclistica nonché per la realizzazione della rete degli itinerari ciclabili d’Italia: tra gli obiettivi, aumentare l’uso della bici, ridurre gli incidenti, migliorare il sistema di viabilità esistente e promuovere iniziative socio-economiche legate alla mobilità ciclistica
- Misure per il miglioramento della sicurezza stradale e la prevenzione degli incidenti con veicoli e delega al Governo per il riordino della segnaletica stradale: stabilisce nuove modalità di monitoraggio e realizzazione delle pavimentazioni stradali, l’installazione di barriere di contenimento, la verifica e l’adeguamento della segnaletica
- Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di tutela dell’utenza debole e per il miglioramento della sicurezza della mobilità ciclistica e pedonale: propone di dare alla cosiddetta “utenza debole” della strada pari dignità rispetto all'utenza motorizzata. I ciclisti e i pedoni non possono essere considerati un intralcio alla scorrevolezza del traffico
- Introduzione del titolo V-bis del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante disposizioni per la tutela e lo sviluppo della mobilità ciclistica: vuole recepire nella nostra legislazione le richieste formulate nell'appello partito dalla campagna “Cities fit for cycling” del Times.
I primi risultati di queste iniziative di legge sono attesi entro la fine dell’anno.
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