Come diventare un Paese per ciclisti urbani: istruzioni per l’uso
- Stefano Menna
Che il comparto automobilistico sia in difficoltà, è un fatto ormai noto da tempo. Un po’ meno scontati sono invece gli ultimi dati sulle vendite di biciclette, che delineano un mercato in rapida evoluzione e una sensibilità più attenta a modelli di trasporto urbano alternativi e sostenibili. Complici la crisi economica e l’aumento dei prezzi dei carburanti, nel corso degli ultimi 12 mesi gli spostamenti in macchina si sono ridotti del 16% e, per il secondo anno consecutivo, le compravendite delle due ruote hanno superato quelle delle auto. Lo dicono le stime dell’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti (Isfort) e quelle dell’Associazione nazionale ciclo moto accessori (Ancma) di Confindustria, secondo le quali nel 2012 in Italia sono state vendute oltre 1,6 milioni di biciclette: ben 200 mila in più rispetto ai veicoli a motore. Un boom che deve far riflettere e indurre a ripensare le nostre città, troppo spesso inadeguate a tutelare la salute e la sicurezza di chi sceglie le due ruote come mezzo di trasporto quotidiano.
Più ciclisti nelle nostre città
I cittadini che preferiscono lasciare in garage l’auto per montare in sella e pedalare continuano lentamente ma progressivamente ad aumentare. Lo conferma anche un’indagine realizzata dall'Agenzia per i servizi alla mobilità del Comune di Roma, che ha prodotto risultati inaspettati. Se fino al 2011 appena lo 0,4% dei romani si spostava abitualmente (almeno 5 volte a settimana) in bicicletta, a metà 2012 si è passati a quasi il 4%: un aumento che significa almeno 150 mila ciclisti per le strade della capitale, soprattutto giovani adulti. E anche Milano non è da meno: lo scorso 2 marzo Palazzo Marino ha organizzato l'incontro “Milano in bici: verso il piano della ciclabilità”, con l'obiettivo di rendere le strade più vivibili e sfruttare l’Expo per trasformare il capoluogo lombardo in una città amica delle biciclette. Il convegno è stata l’occasione per presentare Cyclocracy, un progetto dell’Istituto europeo di design con il patrocinio del Comune di Milano finalizzato alla costruzione di una visione condivisa sul tema della ciclabilità urbana.
Ma se c’è fermento in aree vaste e complesse come Roma e Milano, a maggior ragione i piccoli comuni possono offrire servizi e strumenti per incentivare l’uso della bici. Lo dimostra per esempio l’amministrazione locale di Pesaro, che sta costruendo e promuovendo la sua “bicipolitana”: una rete di piste ciclabili numerate e identificate da colori diversi, con snodi e incroci che consentono di passare da un percorso all’altro proprio come su una vera metropolitana. Come a dire, a volte bastano soluzioni semplici e originali per esaltare la vocazione naturale alla ciclabilità di un territorio pianeggiante e caratterizzato da distanze brevi come quello del Comune di Pesaro.
Vittime della strada
Alla domanda di utilizzo sempre più frequente delle due ruote in città, non fa però riscontro una risposta altrettanto pronta da parte di istituzioni e amministrazioni locali. Lo dimostrano i dati sulla sicurezza delle nostre strade urbane: il Global status report on road safety 2013, rapporto stilato a metà marzo 2013 dall’Organizzazione mondiale della sanità, delinea anche per l’Italia una situazione di rischio piuttosto elevato per chi utilizza la bicicletta come mezzo di trasporto prevalente. L’Oms denuncia l’insufficienza, o addirittura ancora la completa mancanza, di politiche di prevenzione e pianificazione urbana adeguate alle esigenze di una mobilità più sostenibile. L’analisi globale sui decessi mostra una maggiore concentrazione di vittime tra i giovani adulti e in particolare tra pedoni e ciclisti, che rappresentano il 27% di tutti i morti per incidente stradale. Percentuale che supera perfino il 75% in alcuni Paesi in via di sviluppo. Ma anche “ripulendo” le statistiche e non considerando quelle realtà dove andare a piedi o in bici è una necessità più che una scelta, il dato medio che emerge è preoccupante: in Europa, quasi in un caso su tre, la vittima della strada è un pedone o un ciclista.
E in Italia? Il movimento #Salvaiciclisti ricorda che tra il 2001 e il 2011 sono state ben 2.556 le persone che hanno perso la vita sulle due ruote. Numeri sostanzialmente confermati dall’Oms, secondo cui nel nostro Paese il 7% di tutti i morti provocati da incidenti stradali sono ciclisti. E anche l’ultimo rapporto Aci-Istat sottolinea come, a fronte di una riduzione generale del numero delle vittime della strada (-5%), i ciclisti siano l’unico segmento che ha invece visto un incremento, seppur minimo, di morti rispetto all’anno precedente (282 nel 2011, contro i 263 del 2010). Un aumento dovuto in parte alla maggiore diffusione delle due ruote, degli spostamenti e dei chilometri percorsi, ma che dimostra al contempo come quelle urbane siano le strade più pericolose in assoluto: i morti nelle nostre città sono il 45% del totale, alla pari della sola Grecia (la media europea è al 33%). E di questi ben 8 su 10 fanno parte della cosiddetta “utenza debole”, pedoni e ciclisti su tutti. Le politiche di sicurezza urbana sembrano quindi poco efficaci, con un divario sempre crescente rispetto alle altre grandi città europee.
Cambiare direzione
Insomma, la sensibilità collettiva sta cambiando attraverso la riscoperta di un mezzo che fa bene alla salute e all’ambiente. Il numero di ciclisti e bici in circolazione sulle strade sono in costante aumento, e potrebbero essere molti di più se le istituzioni sostenessero scelte per una mobilità sostenibile e attenta alla salute. Gli appelli e le proposte in questo senso del resto non mancano. Poco prima delle ultime elezioni politiche, la Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab) ha consegnato ai candidati per il Parlamento un decalogo discusso e approvato il 5 e 6 ottobre scorsi, quando Reggio Emilia ha ospitato gli “Stati Generali della bicicletta e della mobilità nuova”: un’iniziativa promossa da Associazione nazionale comuni italiani (Anci), #Salvaiciclisti, Fiab e Legambiente per un confronto a 360 gradi sull’universo della bici. Sindaci, amministratori ed esperti hanno raccolto idee e proposte nel "Libro rosso della ciclabilità e mobilità nuova", tra le quali spiccano:
- il target 20-20-20 (ripartizione percentuale tra bici, pedonalità e trasporto pubblico) come obiettivo medio nazionale e obiettivo minimo locale
- il target “zero incidenti” in città, con un dimezzamento immediato di morti e feriti tra pedoni e ciclisti
- il limite di velocità di 30 km/h in ambito urbano: un modo economico per aumentare la sicurezza, ridurre l'inquinamento, il traffico, il rumore, promuovere la salute pubblica e tutelare l’ambiente.
Ovviamente si tratta di obiettivi che possono essere raggiunti solo con un ripensamento radicale dell’urbanistica e dell’organizzazione dei trasporti. Nuovi quartieri car free, servizi integrati per incoraggiare il passaggio dall’auto di proprietà a sistemi integrati di mobilità come il car e bike sharing, politiche fiscali ed economiche di incentivi per Comuni e lavoratori, iniziative di educazione, formazione e informazione sono alcune delle soluzioni avanzate. Ma su questo è necessario un intervento deciso a livello legislativo.
Uno sguardo a domani
In attesa dei primi risultati dei lavori del nuovo Governo e delle commissioni parlamentari, i prossimi appuntamenti sono fissati per giugno e settembre. A Vienna, dall’11 al 14 giugno, c’è “Velo-City 2013”, conferenza mondiale su pianificazione e gestione della ciclabilità: oltre a trasporti e urbanistica si parlerà di ambiente, salute, energia, economia e comunicazione. A settembre, invece, sarà la volta della settimana europea della mobilità sostenibile. Lo slogan di quest’anno, “Clean air! It’s your move”, vuole far leva sul legame tra traffico e inquinamento atmosferico, evidenziando il ruolo che ogni cittadino può avere nel miglioramento della qualità dell'aria attraverso le proprie scelte di mobilità. Gli spostamenti a piedi, in bicicletta o con mezzi pubblici rappresentano infatti modalità di trasporto sostenibile che, oltre a ridurre le emissioni, l’inquinamento acustico e il traffico, possono giocare un ruolo chiave per il benessere e la salute di tutti.
2 Commenti
posti per le bici nei cortili condominiali
Inviato da Paolo D'Argenio (non verificato) il
Avete notizia di iniziative dei comuni per favorire o rendere obbligatoria, per i condomini, la riserva di spazi per parcheggiare la bici nel cortile o altri spazi condominali?
bici nei cortili condominiali
Inviato da Stefano Menna (non verificato) il
Caro Paolo, la situazione dei regolamenti comunali in materia è in realtà molto variegata. Ci sono città, come ad esempio Milano e Torino, dove è stata presa una decisione chiara e netta per favorire l’uso delle due ruote e consentire ai condomini di parcheggiare la bici nei cortili. Il Comune di Torino ha modificato il Regolamento Edilizio e il Regolamento di Igiene per riconoscere e tutelare questo diritto. Nei condomini di nuova costruzione è obbligatorio prevedere lo spazio per le rastrelliere; in quelli già esistenti il parcheggio delle biciclette è sempre consentito, a condizione che vi sia abbastanza spazio. A Roma, invece, anche se non esiste un divieto esplicito, si applica la regola generale per cui in uno spazio comune non si può lasciare un bene privato. Eppure piazzare una rastrelliera in cortile rappresenterebbe un incentivo concreto - e piuttosto economico - per favorire la diffusione delle bici nelle nostre strade, ridurre i furti e gli atti di vandalismo. Sulla piattaforma Change.org si può firmare la petizione al Sindaco di Roma per modificare il regolamento comunale e vedere lo spot promozionale “Mettete le bici nei vostri cortili”.
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