Non è un paese per vecchi, ma forse lo diventerà

Dagli spazi sociali condivisi all’accessibilità delle risorse urbane: progetti per città a misura di terza età.
17/02/2015
  • Samyra Musleh
anziani e città

«Non conta stabilire se essi siano da classificare tra città felici o infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni con le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati». Parola di Italo Calvino, che ne Le città invisibili racconta di prototipi urbanistici e sociali, reali e fittizi. Metafore della complessità e del caos delle strutture in cui viviamo, dove quel che rimane è la possibile ricerca di un senso e di una prospettiva accettabile.

Anche se gli spazi pubblici sono di per sé interfacce comunicative tra la società e le sue componenti, infatti, spesso l’organizzazione urbana può essere causa di fratture sociali, isolamento ed esclusione che penalizzano i più deboli come anziani e disabili. La “democratizzazione” dell’assetto urbanistico e architettonico di una città dovrebbe prevedere principi di accesso facile e comune alle risorse. Ma cosa vuol dire, allora, abbattere le barriere e costruire una “città visibile” anche per chi ha necessità di un percorso ausiliario per accedere alle risorse e ai servizi di cui ha bisogno?

Città age friendly
La popolazione mondiale sta invecchiando in modo rapido: entro il 2050 il 22% delle persone avrà più di 60 anni e almeno 400 milioni saranno oltre gli 80 anni. E questo cambiamento demografico si accompagna a un intenso sviluppo urbano, con città dove gli anziani sono sempre più numerosi e con esigenze specifiche. Perciò l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha lanciato nel 2010 Age Friendly World, progetto che oggi vede coinvolti quasi 90 milioni di persone che abitano in 210 città di 26 Paesi diversi. L’obiettivo è creare una comunità a misura di terza età, attraverso il miglioramento di mobilità e trasporti, l’accesso agevolato ai servizi e agli spazi sociali condivisi, e la promozione di benessere e qualità della vita. La chiave è fornire agli anziani un’indipendenza attiva e permettere a tutti, anche alle persone più avanti con l’età, di contribuire alla vita sociale, culturale ed economica della comunità.

In Europa c’è anche lo European Healthy Cities Network, che punta sull’incremento della salute e della sostenibilità e la riduzione delle diseguaglianze in 100 città del vecchio continente. Attualmente le attività sono entrate nella 6° fase (2014-2018), nell’ambito del piano Health 2020. I primi risultati sono stati pubblicati nell’ottobre del 2013, in un compendio che riassume gli interventi a favore dell’“invecchiamento attivo” effettuati da 59 delle 100 città che fanno parte del network. I comuni hanno puntato soprattutto a sensibilizzare i cittadini sul concetto di anzianità come risorsa per la società, fornire strumenti per la responsabilizzazione individuale e collettiva, e migliorare e facilitare l'accesso ai servizi pubblici.

Un esempio positivo viene dal municipio francese di Digione, che ha deciso di mettere al centro della riprogettazione della città proprio gli anziani e gli emarginati: i più colpiti dal processo di progressiva polverizzazione della struttura urbana e dei suoi servizi. Fenomeno che ha provocato importanti, negative, ricadute sulla comunità a livello di salute pubblica e integrità del tessuto sociale. L’amministrazione di Digione ha quindi deciso di affiancare un'attenta riqualificazione urbana age-friendly ad attività capaci di ravvivare l’offerta culturale e di accoglienza al cittadino.

Un’iniziativa tutta italiana
Nel nostro Paese, un gruppo di ricerca dell’Università Bicocca di Milano capofila del progetto Alias (Alta formazione e internazionalizzazione nell’ageing society) sta realizzando modelli che tengano conto delle caratteristiche specifiche dei vari city users. Per esempio, nel caso di un cittadino anziano, si prendono in esame bisogni e caratteristiche particolari, come la “velocità” e “i tempi di reazione”. Ma anche il deterioramento di alcune capacità come quelle uditive, visive o di deambulazione. Modelli simili contemplano una mobilità urbana più sicura grazie a strumenti hi-tech per il riconoscimento del pedone o l’aumento dei tempi di attraversamento. Ma si potrebbe lavorare anche sulla modifica dell’altezza dei marciapiedi e delle pedane per l’acceso ai mezzi pubblici. Altre proposte riguardano una più fitta distribuzione di “punti di sosta” in città, come le panchine con design più confortevoli o l’aumento del numero di bagni pubblici. Il processo di riprogettazione di un welfare a prova di terza età prevede infine l’aumento dell’offerta di servizi di salute come ambulatori o farmacie, e la fruibilità di spazi sociali condivisi per divertirsi e poter “vivere” insieme la città.

 

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