Salute da indossare (ma occhio alla privacy)

Con il lancio di Google Fit, la sfida per la promozione di stili di vita sani e attivi passa per app e gadget indossabili: orologi, bracciali e occhiali “intelligenti” consentono di tenere sotto controllo il nostro stato di forma e salute. Il mercato delle applicazioni per tablet e smartphone e dei nuovi device tecnologici è in crescita: ma qual è l’efficacia di questi strumenti? Quanto possono modificare abitudini e comportamenti? E a quale prezzo? App, mobile health e big data sono una frontiera affascinante, anche per la sanità: non priva di zone d’ombre, ma certamente tutta da esplorare.
17/09/2014
  • Stefano Menna
Google Fit

Immagine: 

Il logo di Google Fit

Dopo mesi di indiscrezioni, la conferma è arrivata poche settimane fa dai vertici di Mountain View: Google torna a puntare forte sulla salute. Dopo lo sfortunato lancio (subito abortito, anche per motivi legali) di “Health” nel 2012, Big G ha infatti deciso per un rientro in grande stile sul mercato della forma fisica e del benessere. E lo fa investendo su Fit, la nuova piattaforma per fitness e salute annunciata alla conferenza degli sviluppatori di fine giugno e resa accessibile in formato preview lo scorso agosto. Esperti e meno esperti possono quindi “smanettare” on line fra le varie istruzioni e funzioni, in attesa del rilascio della prima versione ufficiale previsto entro la fine dell’anno.

Che la posta in gioco sia alta è evidente anche dal parterre dei partner coinvolti nel progetto: Adidas, Intel, LG, Nike e Motorola sono solo alcuni dei nomi delle multinazionali, nei settori dello sport e dell’information technology, già della partita. Guarda il video di presentazione della piattaforma:

 

Contapassi, cardiofrequenzimetro, calorie: tutto in un touch
Ma di che cosa si tratta? Nelle intenzioni del colosso statunitense, Fit dovrà mettere ordine nel variegato mondo della smart & mobile health, proponendosi come un’interfaccia universale per tutti i dispositivi che lavorano in ambiente Android, il sistema operativo mobile più diffuso al mondo. L’obiettivo è raccogliere, organizzare e integrare in un’unica piattaforma dati provenienti da fitness tracker, sensori, app per la salute o altri apparecchi indossabili e dedicati al fitness, come i recenti orologi, occhiali e braccialetti “intelligenti”. Questi gadget indossabili - capaci di raccogliere in tempo reale dati su funzioni vitali, attività fisica praticata e di “dialogare” con smartphone e tablet - consentiranno di misurare valori come il battito cardiaco e la pressione del sangue, o di contare il numero dei passi e la relativa quantità di calorie consumate durante una passeggiata o in qualsiasi altro esercizio fisico.

Grazie a questo continuo monitoraggio, i dati raccolti vengono inviati ai dispositivi connessi alla Rete, come smartphone e tablet, sincronizzando le informazioni. Si crea così una sorta di cronologia dinamica e aggiornata sulla salute dell’utente. Cronologia che può poi facilmente trasformarsi in un prezioso archivio da cui attingere, per sviluppare nuove app o software dedicati (come quelli che svolgono la funzione di allenatore personale), oppure per generare statistiche e mappe personalizzate. Google Fit funziona quindi da sistema cloud: un’enorme mole di informazioni on line sempre disponibile, che consentono all’utente di tenere sotto controllo il proprio stato di forma, fissare obiettivi e traguardi, e magari anche “competere” con amici e contatti condividendo i risultati delle proprie prestazioni sportive sui social network.

Una competizione spietata
Secondo molti analisti, Fit è l’ultima risposta del team di Mountain View a una concorrenza che, nel settore del fitness e della salute 2.0, negli ultimi mesi si è fatta via via più agguerrita. Tra maggio e giugno, infatti, i principali competitor di Google hanno annunciato due prodotti rivolti allo stesso segmento di mercato: Health Kit (Apple) e Sami (Samsung). La prima è un’applicazione iOS che raccoglie il numero di passi fatti in una giornata, le ore di sonno, l’indice di massa corporea, le calorie consumate, la frequenza cardiaca, la pressione, i livelli di zucchero e ossigeno nel sangue ecc. L’obiettivo dell’azienda di Cupertino è armonizzare in un unico sistema le tantissime app e gli strumenti medicali o per il fitness sul mercato compatibili con il sistema iOS. Decine di cliniche statunitensi hanno già scelto Health Kit: i medici ricevono una notifica sul proprio telefono o tablet quando l’app di uno dei propri pazienti rileva anomalie, per poter intervenire in modo tempestivo.

Con la nuova piattaforma Sami (Samsung Architecture Multimodal Interaction), invece, la multinazionale di Seul punta forte sul controllo continuo della salute grazie a uno strumento e un software ad hoc (il primo prototipo si chiama Simband): un braccialetto capace di monitorare e archiviare in ambiente cloud, giorno e notte, tutte le funzioni vitali. Entro fine 2014, infine, anche Microsoft intende giocarsi le sue carte nel settore della salute mobile con un nuovo smart watch che misura la frequenza cardiaca e il possibile rilancio della piattaforma Health Vault.

Problemi di riservatezza
Ma, al di là dei dettagli tecnologici, è probabile che la vera sfida si giocherà sul fronte dell’efficacia, della sicurezza e della tutela di dati sensibili come appunto quelli sulla salute. Il (grosso) problema è garantire un uso appropriato delle informazioni raccolte dai dispositivi indossati e archiviate on line: bisogna evitare possibili intrusioni e violazioni della privacy, la cessione a terzi di questi dati senza il consenso degli utenti, così come un loro utilizzo diverso da quello di promozione della salute e di uno stile di vita più attivo (per esempio: a scopo commerciale, pubblicitario o di marketing). È lo stesso scoglio, del resto, su cui si era incagliato Google Health un paio di anni fa, come conferma Derek Newell, amministratore delegato della piattaforma di salute digitale Jiff: «Il problema di fondo è che i consumatori non vogliono che vengano raccolti e conservati i loro dati. E non lo hanno mai voluto perché on line cercano ben altro: informazioni, premi, feedback e interazione con gli amici».

A garanzia dei diritti dei consumatori, negli Stati Uniti sono già intervenute le istituzioni e le autorità: Google dovrà infatti passare dal via libera della Food and Drug Administration, l’ente federale che autorizza l’immissione nel mercato di tutti i presidi medici e farmaceutici. Inoltre, la stessa multinazionale ha già sottolineato che alla fine sarà sempre l’utente a decidere come gestire i propri dati, quali condividere e quali cancellare dalla propria cronologia. Ma non si può ignorare che gran parte dei ricavi dell’azienda di Mountain View (quasi un terzo dei 140 miliardi di dollari fatturati in pubblicità quest’anno è finito nelle casse di Google) provenga dalle inserzioni on line a pagamento, dalla vendita di banner e dal “mercato” di contenuti e parole chiave più ricercate. Conoscere lo stato di salute e le abitudini degli iscritti a Fit potrebbe quindi rappresentare una ghiotta occasione per riutilizzare questo immenso patrimonio di informazioni per scopi di marketing.

Dimmi cosa cerchi e ti dirò chi sei
Anche perché il comportamento di chi naviga in Rete sta rapidamente cambiando: le ricerche di contenuti on line iniziano ormai a essere “insidiate” da quelle che saltano il tradizionale passaggio attraverso i motori di ricerca, per affidarsi direttamente alle app (basti pensare ai servizi per prenotare un volo, comprare un libro, trovare e recensire hotel e ristoranti ecc). Insomma: grazie a Fit, Google avrebbe accesso a una miniera di dati che altrimenti non riuscirebbe a ottenere attraverso i canali web tradizionali.

Eppure tutto ciò non sembra impensierire troppo Big G, che anzi ha già rilanciato: sfruttando il sistema Android costruito per le tecnologie e i dispositivi indossabili (“Google Wear”), la raccolta dati di Fit sarà sempre più semplice e immediata. Basterà indossare un braccialetto, un orologio o un paio di occhiali - tutti con sistema operativo Android Wear con Google Fit integrato - per sapere tutto di noi e dei nostri parametri di salute: quanto ci muoviamo, quanto camminiamo, quanto pesiamo, quanti battiti cardiaci abbiamo al minuto, quali sono i nostri livelli di glicemia, se abbiamo la febbre o la pressione alta. E il rischio di avere a che fare nel prossimo futuro con un “grande fratello” della salute è ancor più concreto, se pensiamo alla diffusione capillare del sistema Android: solo sugli smartphone, oggi occupa l’80% del mercato con oltre un miliardo di utenti attivi al mese.

 

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