Collaborazione pubblico-privato: si può fare, a patto che…

Per non lasciare mano libera all’industria, selezionare bene le alleanze e puntare su conoscenza e consapevolezza.
19/03/2014
  • Maria Rosa Valetto
alleanze pubblico-privato

«Lo scopo ultimo deve essere sempre quello di far stare meglio le persone. La collaborazione e la condivisione sui temi della salute sono necessarie, ma devono rispettare questo presupposto e non avere nulla a che fare con la sottomissione». Margherita Caroli*, specialista in pediatria e scienza dell’alimentazione, ha le idee chiare in fatto di ruoli di pubblico e privato nella promozione della salute. E prova a trasmettere attraverso esempi concreti la sua grande esperienza sul tema.

Un buon modello di partnership
Per iniziare dal bicchiere mezzo pieno, partiamo dal progetto sviluppato con la Coop. «Sono stata coinvolta come consulente per riformulare in maniera salutare i prodotti a marchio Coop destinati ai bambini. Ho accettato perché l’interlocutore era, per statuto, una cooperativa di consumatori e non di produttori. Pertanto era più che ragionevole escludere che si trattasse di un’operazione a scopo di lucro. Ho realizzato un intervento sulla composizione degli alimenti in circa un anno: a dimostrazione che, se e quando si vuole, le cose possono essere fatte presto e bene», racconta Caroli. È nata così la linea club 4-10, caratterizzata da prodotti dolci e salati privi di grassi tropicali (olio di cocco o di palma, ricchi di acidi grassi saturi molto aterogeni), sostituiti da olio di arachidi o mais. È stata poi limitata la quantità di sale, ridotti gli zuccheri semplici e aumentate le fibre. Tutto senza rinunciare alla gratificazione e al gusto, visto che la linea propone anche crocchette, bastoncini e cotolette ma con un contenuto di grassi inferiore al 5%, grazie a ricette che non prevedono la frittura. La revisione ha anche comportato la cancellazione dal catalogo di prodotti poco salutari - come la camomilla zuccherata - e con essi la rinuncia a fatturati interessanti, circa 1 milione di euro all’anno appunto nel caso di questa bevanda.

«Il costo dei nuovi prodotti è rimasto simile a quello degli stessi prima dell’intervento e a quello delle linee “generiche” non sottoposte a riformulazione. Questo fa la differenza con altre ditte che, di solito, offrono una linea salutare più costosa e la affiancano a quelle tradizionali a basso costo. Con un duplice effetto negativo. Innanzi tutto, il consumatore può essere confuso dall’offerta parallela di prodotti con caratteristiche così diverse. La Coop ha invece scelto di apporre dei warning, con i quali - sulle linee non riformulate e genericamente destinate alla famiglia - si precisa se la composizione degli ingredienti è particolarmente ricca di grassi o zuccheri e che quindi il consumo degli stessi da parte dei bambini deve essere limitato. In secondo luogo, un aumento del prezzo delle linee riformulate ostacola una spesa più “sana” da parte delle persone con basso potere d’acquisto, che in genere seguono già una dieta scorretta», spiega Caroli.

Certificazione e comunicazione
C’è stato grande impegno anche per la certificazione, un lungo processo alla ricerca della trasparenza che consente al consumatore di risalire alle origini delle materie prime. «Non ho dovuto insistere perché sulle confezioni fossero indicate le porzioni per l’età pediatrica, un’informazione fondamentale tenendo conto della tendenza delle mamme a ipernutrire i bambini. Temo però che questo tipo di etichettatura dei prodotti avrà vita breve, perché non conforme alla normativa europea che esclude la possibilità di fornire indicazioni nutrizionali per fasce di età. Un assurdo, viste le esigenze specifiche di alcune fasce di età come bambini e anziani», sottolinea ancora Caroli.

La riformulazione dei prodotti si è accompagnata a una campagna di comunicazione, sempre a misura di bambino. Il sito dedicato Alimentazione e bambini riporta le Linee guida Coop per una corretta alimentazione dell’infanzia, ma anche giochi, ricette, persino favole e filastrocche sempre sul tema dell’alimentazione, alcune delle quali scritte proprio da Margherita Caroli.

Quando il marketing è ingannevole
«Ovviamente sono stata contattata parecchie altre volte per fare ingresso in comitati scientifici di aziende alimentari come consulente. Senza fare nomi, mi è anche capitato che mi venisse chiesto di accettare a scatola chiusa progetti in cui la controparte si manteneva anonima, magari con la promessa di un lauto compenso. Questa è l’altra faccia della medaglia, la forma per me inaccettabile di collaborazione tra pubblico e privato», continua Caroli.

Gli esempi sono tanti e i vizi di forma e sostanza più o meno gravi. «I ragazzini sono tra i bersagli più facili di politiche commerciali disinvolte: alcuni importanti aziende internazionale dell’agroalimentare, per esempio, si sono impegnate da una parte a non fare nessuna pubblicità diretta ai minori di 12 anni; dall’altra, però, sono sponsor di tornei di calcio per ragazzini delle scuole elementari e medie. Poi ci sono le merendine, tra i prodotti più insidiosi: piacciono ai piccoli consumatori ed è quindi facilissimo giocare su un meccanismo che mette assieme la promozione fine a se stessa del prodotto con un’informazione nutrizionale non corretta».

Occhio ai giovani, target sensibile
Non mancano poi situazioni sfuggenti e di lettura meno immediata, come illustra sempre Margherita Caroli: «Sono co-firmataria di una lettera aperta al ministero della Salute per “Il gusto fa scuola”, iniziativa sviluppata in collaborazione con Federalimentare per promuovere l’educazione alimentare nelle scuole. Ma proprio Federalimentare si trova in una netta posizione di conflitto di interessi rispetto al progetto: non può essere l'industria a fare ingresso nelle scuole con proposte agli studenti e interventi formativi del personale scolastico. Possono infatti derivarne informazioni distorte. Per esempio, considerando il target composto soprattutto da giovani, ritengo inaccettabile il messaggio sull’alcol pubblicato sul sito: “bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata”. Ma anche sulle bevande analcoliche servirebbe più precisione: non si insiste abbastanza sul contenuto di zuccheri aggiunti e sull’apporto di calorie nascoste, quando ormai tutti sanno che le bibite zuccherate sono una delle principali cause dell’attuale epidemia di sovrappeso e obesità in età infantile».

Certo, è complicato trovare l’equilibrio tra la necessità di una corretta educazione alimentare e promozione della salute e tutti i potenziali conflitti di interessi. «Deve essere evitata la confusione di ruoli e non si può permettere all’industria di diventare primo attore dell’educazione alimentare. Gli esperti della nutrizione devono imparare a gestire i media, social network compresi. Solo così è possibile, a fronte di risorse finanziarie pubbliche sempre più limitate, portare avanti azioni e iniziative di educazione alimentare dirette a grandi strati di popolazione, e incrementare conoscenza e consapevolezza», conclude Caroli.
 

* Margherita Caroli, specialista in pediatria e scienza dell’alimentazione e responsabile dell’Unità operativa di Igiene della nutrizione Sian - dipartimento di Prevenzione della Asl di Brindisi, è componente del comitato tecnico del programma “OKkio alla Salute” del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. È esperto per la Direzione generale per la salute e i consumatori e per la Direzione generale per la ricerca e l’agricoltura dell’Unione europea.

 

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