In pensione? Parecchie le occasioni perdute per muoversi

Anche se la fine dell’attività lavorativa sembra la più indicata per dedicarsi a un po’ di attività fisica, non tutto sembra andare in questa direzione. Un ruolo negativo lo gioca di nuovo la tv.
12/09/2014
  • Maria Rosa Valetto
pensione e attività fisica

Come cambiano gli stili di vita quando si va in pensione? La risposta sembra semplice: con più tempo libero, il buon senso suggerisce di contrastare gli acciacchi dell’età investendo in comportamenti salutari. Attività fisica compresa. Eppure un’indagine effettuata nell’ambito del progetto Epic (European Prospective Investigation into Cancer) che da più di 15 anni indaga in 10 Paesi europei l’impatto sulla salute di dieta, alimentazione, stile di vita e ambiente indica che si potrebbe fare molto di più.

Un bilancio negativo
La novità dello studio pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health è l’aver scomposto i livelli medi complessivi di attività fisica nelle sue componenti e aver analizzato come queste si distribuiscono in diverse fasce della popolazione pensionata in base al genere, al livello socioeconomico, all’attività lavorativa pregressa.

Secondo i dati relativi a oltre 3.300 residenti nel distretto britannico di Norfolk, il pensionamento conduce, ovviamente, a un netto calo delle quote di esercizio fisico associato ai trasferimenti con i mezzi di trasporto e di quello praticata sul luogo di lavoro. Riduzione compensata solo in parte da un incremento dell’attività fisica ricreativa e domestica, tanto che il risultato finale netto è contraddistinto da un segno meno sulla “spesa energetica” settimanale. Un calo quantificabile in -41 Met per ora alla settimana tra gli uomini e di -27 Met per ora alla settimana tra le donne prima dedite a un lavoro non manuale; e di -50 Met per ora alla settimana tra gli uomini e di -32 Met per ora alla settimana tra le donne nel caso di lavoro manuale. Nell’insieme le più svantaggiate sono proprio queste ultime, in cui non si rileva neppure un incremento, solo in parte compensatorio, dell’attività fisica ricreativa e domestica.

Comune denominatore per tutti i pensionati è la crescita del numero di ore passate davanti alla tv. Anche qui, influisce la storia lavorativa precedente: l’aumento più marcato (+4 ore a settimana tra gli uomini, +3 ore tra le donne) si registra infatti nella categoria dei lavoratori manuali.

Margini di intervento
Il vuoto lasciato dall’abbandono del lavoro non sembra quindi essere vissuto o sfruttato come un’opportunità per dedicarsi a se stessi e porre le basi per una vecchiaia in buona salute. Gli autori della ricerca auspicano che si mettano in atto interventi mirati a promuovere occasioni “alla portata” dei pensionati, dal trasporto attivo ai momenti sociali e ricreativi. Suggeriscono per esempio di puntare su iniziative legate alla promozione del cammino che, quando proposte in terza età, riscuotono alto gradimento e successo. Ricordano inoltre che anche attività domestiche di impegno relativamente modesto si sono dimostrate benefiche per la salute degli anziani. Un dato che favorisce in particolare le donne, spesso più vincolate a un ruolo casalingo e meno sensibili a proposte alternative.

 

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