Nessun obbligo di certificazione per chi pratica attività ludico-motoria. Lo ribadiscono le nuove linee guida sui certificati per svolgere attività fisica, contenute nel decreto ad hoc firmato dal ministro della salute Beatrice Lorenzin. Il decreto è stato inviato alla Corte dei conti per la registrazione ed è ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
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Scorrendo la documentazione proveniente dal centro studi di Domenico Corrado a cui rimanda l’articolo di Francesco Di Matteo recentemente pubblicato su azioni quotidiane, scopriamo che l'incidenza di morte improvvisa nella popolazione è di 1 ogni 100.000 all'anno, 0,9 per 100.000 tra i non sportivi
Sono ormai diversi anni che la medicina dello sport pubblica sta cambiando volto e organizzazione. In particolare, ha aggiunto ai propri obiettivi la prevenzione delle malattie croniche e la promozione dell’esercizio fisico praticato in modo sistematico, controllato e regolare. Questo però non significa delegare al ruolo che da oltre mezzo secolo gli è stato assegnato: e cioè valutatore l’idoneità psicofisica all’attività sportiva agonistica e non.
Verso la fine di luglio avevamo segnalato con viva preoccupazione le norme contenute nel decreto Balduzzi in tema di certificazioni per lo svolgimento delle attività sportive.
Con l’approvazione definitiva del “decreto Fare” da parte del Parlamento, il 9 agosto il Governo ha abolito con un tratto di penna l'obbligatorietà dell'elettrocardiogramma per le attività non agonistiche e il certificato per quelle ludico-motorie e amatoriali.
Il dibattito sull’obbligo di certificazione per l’attività motoria inaugurato dai recenti, controversi, interventi di legge sembra aver solo sfiorato una questione che è invece centrale, soprattutto in una prospettiva di sanità pubblica. E cioè: è accettabile sul piano etico obbligare chi fa attività fisica e sportiva a munirsi di un certificato medico?