In Sardegna i campioni di longevità
- Rosy Matrangolo
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Nella provincia dell’Ogliastra sembra ci sia dimenticati di morire. Qui vive la famiglia più longeva del mondo (8 tra fratelli e sorelle dai 105 agli 80 anni) e qui, in questa zona centro-orientale della Sardegna, c’è il primato della popolazione maschile più agée a livello globale. L’Ogliastra, infatti, è una delle cosiddette blue zones: aree geografiche dove arrivare a spegnere le 100 candeline non è un fenomeno così raro e straordinario. Gli studiosi hanno individuato nel mondo poche realtà simili. Oltre alla Sardegna, altre zone blu si trovano in Grecia, nell’isola di Ikaria, in Giappone a Okinawa, la penisola di Nicoya in Nicaragua e Loma Linda in California.
Come si spiega in queste aree tanto differenti e lontane una così elevata percentuale di arzilli ultracentenari? Già perché in Ogliastra, come nelle altre zone blu, abbiamo a che fare con anziani in gran forma, che coltivano l’orto o badano al gregge, macinano strade a piedi fatte di continui saliscendi, si concedono la pennichella pomeridiana e mangiano in maniera sana. La demenza senile ha percentuali più basse rispetto alle medie nazionali, così come anche l’incidenza di malattie cardiovascolari e depressione.
Quattro semplici regole
Secondo il ricercatore belga Michael Puolain, che insieme all’italiano Gianni Pes ha catalogato le zone ad alto tasso di longevità, sono 4 i fattori base che determinano una vita più lunga e felice. C’è innanzi tutto un motivo comportamentale, che riguarda nello specifico l’esercizio fisico e la vita all’aria aperta. Ci si muove a piedi lungo percorsi con dislivelli significativi, mentre le attività lavorative sono spesso legate all’agricoltura e all’allevamento: tutte occupazioni che tengono allenato e in movimento il corpo. C’è poi un fattore ambientale, legato alla qualità dell’aria e dell’acqua e, di conseguenza, dei prodotti alimentari consumati provenienti da queste stesse terre. Non manca inoltre un elemento sociale, dovuto alla qualità delle relazioni interpersonali in queste piccole comunità, in cui è più facile conoscersi tutti e dove la rete di sostegno alle persone anziane è più forte. E infine un fattore genetico, che esiste e conta per un 25% circa.
A kent’annos
A cento anni. Un augurio che esprime bene il senso di Akea, progetto che prende il nome dal modo sardo per augurare lunga vita. Il biologo Luca Deiana, dell'Università di Sassari, è a capo di un'équipe che ricerca dove si celano quei fattori che consentono di raggiungere in buona salute il traguardo dei 100 anni. L’indagine fa riferimento alla genomica - e quindi alla componente genetica della longevità sarda - ma anche all'alimentazione e a tutti quei fattori ambientali che possono contribuire a una vita più lunga e sana. Il dato interessante parte proprio dal confronto tra cibi di produzione autoctona rispetto alla grande distribuzione. Antiossidanti, flavonoidi e polifenoli presenti nel vino, nei formaggi e nella frutta di produzione locale sono presenti in quantità doppia o addirittura tripla rispetto agli alimenti “industriali”. Tutti elementi che sono una caratteristica della dieta di una popolazione che vive di allevamento, pastorizia e viticoltura.
Diversi studi, infine, stanno cercando di riproporre questa “ricetta sarda” per la longevità in altre zone del mondo, per cercare di migliorarne il benessere e la qualità della vita. Sicuramente tra gli ingredienti non possono mancare un sano e costante esercizio fisico, la riduzione dell’uso dell’automobile, un’alimentazione con molta frutta e verdura del territorio, riposo e una vita socialmente attiva. Ma anche la fede religiosa, liberi di crederci, pare abbia il suo peso: nel villaggio di Loma Linda, dove la comunità appartiene tutta o quasi alla Chiesa avventista del Settimo giorno, le persone arrivano spesso alla soglia dei 100 anni ancora in buona salute.
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