Patti chiari, intesa lunga
- Rosy Matrangolo
Immagine:
Avere le idee chiare sugli obiettivi, mantenere le redini della progettazione e scegliere partner “attendibili”, coerenti con le proprie ambizioni. La ricetta sembra semplice, eppure il fraintendimento - e lo screditamento - di un’istituzione che stringa partnership con aziende e società a scopo di lucro è sempre in agguato. Lo sa bene Mauro Palazzi (direttore dell’Unità operativa Epidemiologia e comunicazione del dipartimento di Sanità pubblica di Cesena, Ausl della Romagna), il quale ha all’attivo diversi progetti riusciti di collaborazione pubblico-privato, realizzati sul territorio romagnolo e volti alla promozione di corretti stili di vita.
«Di solito capita che sia l’istituzione pubblica a ricercare le aziende per promuovere particolari progetti di cui si ha già chiaro obiettivo e strategia. Il primo contatto avviene dopo aver selezionato quelle realtà imprenditoriali che hanno nella loro mission la realizzazione e la diffusione di prodotti o sistemi “salutari”, attenti alla qualità della vita del consumatore. Ma può avvenire anche al contrario, cioè che siano le società a bussare alla porta di enti locali e Asl per promuovere un’idea, com’è successo all’Ausl di Cesena, per esempio, con Almaverde Bio», racconta Palazzi.
Le partnership della Ausl di Cesena
Insieme alla società consortile dell’agroalimentare biologico (che ha la sua sede proprio sul territorio) sono stati proposti corsi per “imparare a volersi bene” destinati a due target definiti: le persone obese e in sovrappeso da un lato, le mamme di bimbi piccoli dall’altro. «Gli obiettivi, per noi, erano tre: favorire l’attività fisica e un regime alimentare più equilibrato, adottare una strategia di lavoro a gruppi omogenei, così da far incontrare persone con gli stessi interessi e problemi, fornire competenze pratiche da spendere nel quotidiano, azioni concrete più che teorie per innescare meccanismi più sani nelle scelte di ogni giorno. Almaverde Bio ci ha presentato un progetto già piuttosto strutturato e buono. Abbiamo però scelto di accettare e condividere l’iniziativa solo dopo aver avuto modo di apporre le modifiche che abbiamo ritenuto più opportune, rispetto alle esigenze della nostra utenza. La collaborazione ha funzionato bene e abbiamo così avviato gruppi di cammino, corsi di cucina e altri momenti di formazione e sensibilizzazione», spiega Palazzi.
Al progetto si è poi unita anche Technogym, che ha offerto di portare le proprie competenze. «È stato fondamentale rimanere saldi sul principio che al pubblico non passasse un messaggio dall’effetto commerciale, pur valorizzando l’apporto dei nostri partner», prosegue Palazzi.
Loghi sul materiale informativo, prodotti a disposizione durante le iniziative, esperti e professionisti nel campo alimentare e sportivo provenienti dai privati sono l’interfaccia visibile al pubblico di questa collaborazione. Che però parte da lontano: appunto, dalla pianificazione condivisa dei percorsi per la promozione di abitudini e comportamenti sani.
Vantaggi reciproci
Ma quali sono i benefici per le parti? «Come Ausl, abbiamo trovato partner che hanno facilitato la realizzazione di iniziative, mettendoci a disposizione forze e risorse e consentendoci così di operare sul territorio con più efficacia e minori spese. Le imprese, ovviamente, hanno un ritorno d’immagine. Ma non solo: imparando a conoscere abitudini e stili di vita della popolazione alla quale si rivolgono, possono lavorare per migliorare e indirizzare più efficacemente i loro prodotti sul mercato. Nessuno degli utenti che ha partecipato alle nostre iniziative, però, si è mai sentito il dovere di acquistare i prodotti proposti o i macchinari messi a disposizione. Questa rimane una opzione, successiva e personale, di ciascuno», sottolinea Palazzi.
Dovendo fare una valutazione ex post delle reazioni dei cittadini, il bilancio è piuttosto positivo. «Le persone sono rimaste molto più entusiaste di quanto potessimo attenderci. Un atteggiamento che ci ha fatto riflettere: come istituzione, di solito siamo portati a pensare che i cittadini siano scettici di fronte a progetti sanitari che vedano la presenza di marchi commerciali. E invece le persone che si avvicinano alle nostre iniziative e partecipano hanno una sola preoccupazione: che la proposta fatta loro sia rispondente ai bisogni di informazione e cura rispetto a un dato problema. Sono ben disposti a conoscere le aziende che si dedicano a iniziative positive, ma questo non significa automaticamente condizionare la loro libertà di scelta», conclude Palazzi.
Aggiungi un commento