Ciclabilità e sicurezza stradale: servono nuove regole

A fronte di un calo generale degli incidenti, sono sempre di più le vittime tra chi va in bici. È urgente una riforma del Codice della strada per tutelare sicurezza e qualità della vita di pedoni e ciclisti.
28/03/2014
  • Rosy Matrangolo
incidenti in bici

Vanno a lavoro, in giro per commissioni, portano i figli alla scuola materna. Sono oltre 7 milioni gli italiani che scelgono quotidianamente la bicicletta come mezzo di trasporto privilegiato. Le due ruote non sono più solo le compagne di viaggio per le gite fuori porta, ma un’alternativa salutare e low cost alla mobilità di tutti i giorni. Un trend che richiede, dunque, una nuova valutazione da parte delle istituzioni sui diritti e sulla tutela degli utenti della strada, con un occhio di riguardo alle categorie deboli e più a rischio. Già: perché oggi, pur se gli incidenti stradali sono in lento ma continuo calo, aumentano le vittime proprio tra i ciclisti.

I numeri e le cause dell’incidentalità
I dati Istat relativi al 2012 (i più recenti a disposizione) mostrano infatti come tra il 2001 e il 2012 gli incidenti stradali con lesioni a persone siano passati da 263.100 a 186.726, con un calo complessivo del 29%. Scende sia il numero dei morti (da 7.096 a 3.653; -48%) sia quello dei feriti (da 373.286 a 264.716; -29%), con un tasso di mortalità più che dimezzato (da 124 per milione di abitanti del 2001 a 60 nel 2012). Nello stesso periodo, però, aumentano del 2,5% i ciclisti vittime di incidenti stradali e del 2,7% i feriti. Dopo auto e moto, le biciclette rappresentano così il terzo veicolo con il maggior numero di conducenti morti.

Infrastrutture inadeguate, disattenzione alla guida. Ma soprattutto il mancato rispetto delle norme. «Il motivo principale degli incidenti mortali che coinvolgono ciclisti e pedoni non sta tanto nel dissesto delle strade - fa sapere il movimento #Salvaiciclisti - bensì nella mancanza di rispetto delle regole di base di convivenza civile sulle strade: limiti di velocità non rispettati, sosta in doppia fila, attraversamenti pedonali ignorati, guida distratta da apparati elettronici di varia natura o in stato psicofisico alterato dall’assunzione di sostanze psicotrope». Un quadro confermato sostanzialmente anche dall’Istat. «Comportamenti errati alla guida, il non rispetto delle regole della precedenza, distrazione e velocità troppo elevata sono le prime cause di incidente. In città, in particolare, la prima causa in assoluto è il mancato rispetto delle regole di precedenza o semaforiche (19%)».

Viviamo in un Paese bike friendly?
Se in Italia sono 7 milioni le persone che ogni giorno montano in sella alla bici, in Francia i ciclisti “abituali” sono poco meno di 4 milioni. Per incentivare l’utilizzo delle due ruote, quindi, il ministro dei Trasporti transalpino Frédéric Cuvillier qualche giorno fa ha proposto un pacchetto di 25 misure per lo sviluppo di una strategia per la mobilità sostenibile. La più eclatante è l’indennizzo di 25 centesimi per chilometro percorso ai lavoratori che, scegliendo di abbandonare l’auto, cominceranno ad andare in ufficio in bicicletta. Un’idea già sperimentata in altri Paesi, come Belgio e Olanda.

Anche qui da noi qualcosa si muove, pur non al ritmo di una sana pedalata. Piste ciclabili a macchie di leopardo, un Codice della strada orientato esclusivamente all’utenza “motorizzata” sono i principali ostacoli a uno sviluppo per politiche e pratiche bike friendly. Secondo la Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab), una buona ciclabilità nasce da un mix di interventi: dalla realizzazione di una rete nazionale di piste ciclabili all’obbligo di costruire velostazioni nei centri di interscambio con altri mezzi pubblici. Ancora: azioni che vanno verso il riconoscimento del ciclista come utente della strada a tutti gli effetti, che tengano conto delle esigenze del conducente della bicicletta.

L’intergruppo parlamentare per la mobilità ciclistica (oltre 60 tra deputati e senatori di diverso colore politico, insieme per rispondere alle richieste di sicurezza e qualità della vita da parte di pedoni, pendolari e ciclisti urbani) sta operando su quattro diversi fronti, come spiega il deputato del Partito democratico Paolo Gandolfi: «Il primo è l’infortunio in itinere affinché sia riconosciuto anche al dipendente che si reca sul posto di lavoro in bici. Poi si sta lavorando a una bozza di legge quadro nazionale sulla mobilità ciclistica, anche se a oggi non è ancora tra le proposte già iscritte all'ordine del giorno; siamo impegnati anche sul contrasto al furto, con l’idea di una sorta di marchiatura nazionale dei mezzi; e infine c’è la riforma radicale del Codice della strada». Dal portare il limite a 30 km/h su tutte le strade urbane a consentire sempre il doppio senso di marcia ai ciclisti, fino a interventi di educazione nelle scuole: il pacchetto è piuttosto ricco e il dibattito tuttora in corso. Per questo il semaforo verde non lo vedremo a breve. «Soprattutto perché ora, col recente cambio di governo, stiamo aspettando che vengano ridistribuiti alcuni incarichi tra i sottosegretari per conoscere i nostri nuovi interlocutori», conclude Gandolfi.

L’attenzione delle istituzioni
Il ministero dei Trasporti ha comunque mostrato attenzione alle istanze degli utenti delle due ruote. Come si legge in una nota dell’ex sottosegretario ai trasporti Erasmo De Angelis, «si sta lavorando su un doppio binario: da un lato la riscrittura del decreto ministeriale 557 del 1998 sulle piste ciclabili, ripensate come infrastrutture al passo con i tempi; dall'altro la riforma del Codice della strada con un sostanziale snellimento e una semplificazione degli articoli, partendo dal presupposto che la bicicletta è il mezzo di trasporto urbano da valorizzare. Oggi, infatti, le due ruote rappresentano la modernità».

Al Governo, infine, toccherà trovare i finanziamenti per il progetto di una rete nazionale ciclabile: oltre 20 mila km di percorsi dedicati alle due ruote che colleghino luoghi di interesse storico, artistico e ambientale. Passando per i capoluoghi di regione, incrociandosi con le ferrovie e con un tracciato costellato di velostazioni. Una proposta ambiziosa, al momento “parcheggiata” in diverse bozze di disegni di legge. Anche questa in attesa di tempi migliori.

 

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