La Gran Bretagna monta in sella, ma c’è ancora parecchio da pedalare
- Stefano Menna
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Più di 160 milioni di sterline, quasi 200 milioni di euro, per incentivare e facilitare l’uso delle due ruote in Gran Bretagna. È il premier David Cameron a esporsi in prima persona nella battaglia per il rilancio della bici, proseguendo nella direzione indicata dalla commissione parlamentare bipartisan creata ad hoc alcuni mesi fa (azioni quotidiane aveva seguito la vicenda nel dossier “bici e città”). «Vogliamo che sempre più persone prendano la bicicletta per spostarsi nel nostro Paese: pedalare deve diventare un gesto sicuro, facile, semplice, divertente e alla portata di tutti», ha ribadito Cameron in un incontro pubblico poche settimane fa.
Nuova liquidità
Si tratta del più vasto investimento economico del settore nella storia d’oltremanica: l’obiettivo è portare il Regno Unito ai livelli di Paesi più sviluppati dal punto di vista della ciclabilità come Germania, Olanda e Danimarca. Previsti una serie di interventi e miglioramenti sulle infrastrutture stradali principali: in particolare, 94 milioni di sterline verranno spese da qui al 2015 per lavorare sulle arterie di otto grandi città (Manchester, Leeds, Birmingham, Newcastle, Bristol, Cambridge, Oxford e Norwich) e in quattro parchi naturali (The Peak District, South Downs, Dartmoor e The New Forest). In cantiere la manutenzione e l’adeguamento di rotonde, incroci e piste ciclabili già esistenti, la costruzione di nuove bike lane e l’allestimento di apposite protezioni per separare le corsie per le bici dal traffico automobilistico. Altri 50 milioni saranno messi a disposizione delle amministrazioni locali, responsabili di controllo e manutenzione della rete viaria regionale.
L’annuncio del governo inglese viene così incontro ad alcune delle richieste avanzate sia nel documento conclusivo della commissione parlamentare, sia negli obiettivi della campagna di sensibilizzazione del Times, “Cities fit for cycling”. In particolare, quella di finanziare la mobilità ciclistica con una quota pari ad almeno 10 sterline per abitante ogni anno. Downing Street, rispondendo punto per punto alle 18 raccomandazioni stilate dalla commissione, rifiuta però di impegnarsi su un obiettivo considerato da molti fondamentale, ossia la creazione di standard nazionali per l’uso della bicicletta (la commissione spingeva per portare, in tutto il Paese, dal al 2% al 10% entro il 2025 il tasso degli spostamenti fatti in bici, rispetto al totale dei viaggi; e poi al 25% entro il 2050). Ma secondo l’esecutivo britannico il cosiddetto approccio “one size fits all” non funziona: meglio piuttosto lavorare a obiettivi alla portata delle autorità locali, che conoscono specificità e problemi del proprio territorio.
L’eterno dilemma: costo o investimento?
Eppure non c’è un consenso unanime nel definire queste misure una vera “rivoluzione delle bici”. Come l’analista Peter Walker, che sul Bike Blog del Guardian non solo fa notare come la situazione di partenza sia disastrosa (oggi appena il 2% degli inglesi si muove abitualmente sulle due ruote, la percentuale più bassa di tutta Europa), ma sottolinea anche che - secondo la maggior parte degli esperti di pianificazione urbana e trasporti - per avere un incremento significativo dell’uso della bicicletta servirebbe un investimento di almeno 20 sterline a persona, ogni anno e per diversi decenni. Una cifra che andrebbe ben oltre i 160 milioni di sterline stanziati in queste settimane dal governo di Cameron.
Non si tratta comunque di un problema esclusivamente economico, quanto di mancanza di visione e leadership politica. Soprattutto in un Paese come il Regno Unito, dove il peso e l’influenza delle lobby non mancano di farsi sentire sui lavori parlamentari di tutti i giorni. Chi questa leadership sembra esercitarla in maniera vigorosa è il sindaco di Londra, Boris Johnson. Solo per la propria città, lo scorso marzo, il primo cittadino londinese ha messo a punto un piano per raddoppiare la quota di ciclisti urbani entro il 2020. Il costo degli interventi ammonta a quasi 1 miliardo di sterline, per la sola capitale: circa sei volte il recente investimento del governo centrale. Un progetto dunque molto ambizioso, ma sostenuto da volontà politica e da un disegno strategico ben preciso. Cifre assurde in tempi di austerity? Può darsi, ma solo in termini assoluti. Molto meno in rapporto agli oltre 8 miliardi di sterline che ogni anno vanno in fumo in Inghilterra a causa dei costi sanitari legati alla sedentarietà.
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